lunedì 14 maggio 2018

Silenzi, trippe a mezzanotte e paranoie

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"Scrivi da ubriaco, rileggi da sobrio". Credo fosse Hemingway. E lo stesso vale per quanto si è arrabbiati: mai, mai, mai dire cose da arrabbiati di cui ci si potrebbe pentire.
Però.
Mettiamoci d'accordo, ok?


Primo, ho un carattere difficile. Paranoica, diffidente, malinconica, supponente. Quando mi ci metto, sono una vera rompipalle. Eh sì, bisogna dirle le cose. Bisogna dirle, perché a non dirle fanno la muffa, incrancreniscono, ma soprattutto mettono radici. Sì, radici tenacissime, che a levarle... auguri.
Quindi qui lo dico: posso essere una rompipalle.
E allora come faccio a sopravvivere? Facile pensare: "Oh, è il mio carattere. Se non vi piaccio, pazienza". No. Eh no. "Se non vi piaccio, pazienza". Grazie mille. Bella scusa. E gli altri dovrebbero sopportarmi tutta la vita in questo mix letale di atteggiamenti e nevrosi? Assolutamente, no. Fino qui è chiaro, no?
Allora cosa faccio? Compenso con l'autocritica. Con, in fondo al tunnel, una luce bianchissima, che credo sia quella che gli inglesi chiamano "self consciousness". Consapevolezza di sé. Ma non la raggiungi se non fai autocritica. Costante. Mordente. Esasperante. Mi metto davanti a uno specchio immaginario e mi seziono che neanche con un bisturi: "Avrò detto le cose giuste? No? Cosa dovevo dire? Mi parlerà ancora? Mi vorrà ancora vedere? Diventerò un'eremita?" L'eremitaggio è sempre un'opzione che metto sulla tavola per non andare in panico.
Dunque, svolgo, come un foglio lunghissimo, tutte queste domande e raramente arrivo a risposte certe. Spesso, però, mi aiuta a stare meglio, penso che ci sto provando, che ci devo provare, perché - come sopra - non è che "gli altri" possano sopportarmi a vita. Bene. Finita qui? No. Perché, nonostante questa vivisezione emotiva che mi infliggo tutte le volte che c'è una discussione o un attrito con qualcuno, si manifesta ancora all'orizzonte... Lui. Il grande dilemma della mia esistenza. Il boccone che non va giù. Il gigante dell'incomunicabilità.
Il Silenzio.
Signore e signori, il Silenzio. Esemplare diffusissimo di assoluta afonia che colpisce rattamente e a caso. Di per sé sarebbe un gran gentiluomo: nei suoi intenti, porterebbe pace e armonia. Nei suoi intenti.
Ma a me il Silenzio fa incazzare. Se in un'amicizia o in una relazione scegli il Silenzio, stai scegliendo la via più difficile. Credi di semplificare le cose? No. Perché il Silenzio è muto, ma porta in spalle una gerla di pensieri negativi e per niente costruttivi.
Torno a me. Se una persona mi toglie il saluto o non mi parla più, vado in panico. Se quando mi vede si comporta come se io non ci fossi, è così che mi sento: impalpabile. Destinata a scomparire. Volatile. E, guarda un po', cosa succede: scompaio. Ma l'ho detto, sopra: ho un carattere che cambierei qui, ora. E ci lavoro, da sempre. Ma se non mi parli, e soprattutto non mi spieghi perché o non ti metti a disposizione per risolvere, io "scompaio". Non perché non voglia più vederti, ma perché sento qui, nello stomaco, un grumo, no? Come le trippe a mezzanotte. E questo grumo assorbe ogni parola intelliggibile. Mi dimentico come si fa a parlare. E ammutolisco. Sì, ammutolisco anch'io. Io che sono sempre per le seconde opportunità. Io che non porto rancore. Io che, se solo posso trovare un pregio nella personalità che mi ritrovo, è quello di essere felice quando posso sedermi e dire: "Ok, sputa il rospo. Cosa c'è che non va?" Se mi ignori la prima volta, ci proverò ancora; se mi ignori la seconda, ci proverò di nuovo; la terza, certo; la quarta, la quinta... Cosa devo fare alla quinta? Raccattare un po' di attenzione che non mi si vuole dare o raccogliere i pezzetti di me che si sono sparpagliati intorno e cercare di ricomporre almeno una parte del puzzle? Cosa devo fare? Ditemelo voi. Perché, poi, io mi arrendo. Io che, da sempre, credo che arrendersi sia sinonimo di dimenticare qualcuno, di lasciarlo andare al largo come un legnetto tutto rotto. Lì c'è una relazione che non mi vuole. E devo correre di nuovo in acqua e sbracciarmi oppure permettere che prenda la direzione che desidera? Non posso aspettare la sentenza dei posteri.

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