martedì 11 settembre 2012

Leggo perché non fa ingrassare

Domenica sera ci siamo ritrovati con un gruppo di amici a parlare di cose serie davanti a un bicchiere di sangria.
Che parlare di cose serie davanti a un bicchiere di sangria sembra già una contraddizione in termini, ma giuro che è andata così. Cioè io non mi sono accorta subito della situazione, un attimo prima si discuteva del volume della musica troppo alto.
Comunque.
Si è passati dalla questione "cos'è l'arte?" e "l'arte ha uno scopo?" (immancabile l'inciampo nell'orinatoio di Duchamp) al "la poesia è arte?", "si legge ancora la poesia?", "ma la poesia a cosa serve?". (Descritta così, sembriamo davvero un manipolo di intellettuali nerd del secolo scorso).

Mi sono tenuta in disparte per raccogliere le provocazioni che volavano da una parte all'altra della tavola, rimbalzate da laureati in lettere, studenti dell'accademia e profani.
La discussione si è accesa quando uno di noi ha detto: - Io non riesco a leggere niente che non sia un libro di istruzioni.
I libri, quindi, come strumento, come "contenitori", che servono a saper fare più che a sapere.
E gli diamo torto? C'è forse qualcosa di meno nobile in un testo di meccanica o idraulica?   Quanti libretti delle istruzioni vengono sfogliati ogni giorno? Sicuramente più di qualsiasi classico. Come si farebbe senza? (Noi donne, soprattutto, di fronte a un raccogli-briciole multifunzione, come faremmo senza?)
Certo si potrebbe fare a meno dell'Odissea per regolare il frigorifero. Ma per costruire una casa possiamo fare a meno dei libri? Una diga, un ponte non rimangono in piedi lo stesso (retaggio di un papà ingegnere).

Insomma, la mia domanda è (rullo di tamburi): i libri sono davvero così indispensabili?

Intendo libri "non tecnici", quelli che si leggono per il gusto di, non per mettere in azione un oggetto o crearlo o riprodurlo.

Mi piacerebbe prendere un gruppo di non lettori e chiedere loro: - Perché non leggete?
Perché è noioso, c'è di meglio da fare, non mi piace nessun genere? Perché un film coinvolge di più, perché si legge da soli, e a scuola mi hanno fatto odiare i libri?
In Facebook, Youtube, Twitter gli amanti che invece scrivono "io leggo perché" sono tantissimi.
Googlando, prendo un sito a caso, www.parolata.it:
Leggo perché è rilassante. Anzi, è la cosa rilassante più stimolante del mondo.
Leggo per dimenticare.
Leggo perché voglio imparare a scrivere.
Leggo anche per ridere.
Leggo perché leggere non fa ingrassare.

Tempo fa su Twitter è stato lanciato il tag #percheleggo
Perché è un antidoto alla noia, alla tristezza, all'insonnia.
Perché mi prendo un momento di evasione mentale.
Perché vorrei scrivere.
Perché volevo provare anch'io una volta, poi ho cominciato a drogarmi sul serio. "Roba" leggera all'inizio, poi più "pesante".
Perché sì.

Come lo spiego io a quell'amico che leggere è così? Che non c'è un vero perché? Che leggere (libri "inutili") non ha uno scopo?

Leggere è un colpo di fulmine.
Se ti colpisce, non smetterai più di comprare librerie, e la tua collezione bibliofila crescerà e crescerà. Altrimenti quelli sopra gli scaffali saranno solo oggetti buoni a prendere polvere.

Non credo che leggere tolga la solitudine (nessun libro può sostituire la relazione con le persone). Non credo neanche che leggere renda più intelligenti, o che chi legge sia migliore di chi non lo fa.
Leggere non è la soluzione alla noia (quanti libri noiosi sono stati scritti, Dio solo lo sa), e nemmeno che leggere sia sempre bello.

Leggere è un supermercato pieno di parole sempre in offerta. Migliaia di parole a pochi millesimi di euro ciascuna, che con un piccolo sacrificio monetario diventano tue per sempre. Le puoi prestare, e il rischio è che non tornino più indietro. Succede. Ma le parole non hanno data di scadenza, non seguono le promozioni o la pubblicità. Ognuno è libero di comprare le parole che vuole, in qualunque momento della sua vita. Puoi leggere un libro per bambini a 50 anni o affrontare Cent'anni di solitudine a 15. Dopo che a scuola ti hanno insegnato, hai carta bianca, pieno potere sulle pagine.

Leggere è assimilare parole, conosciute, nuove, incomprensibili. E dopo che le hai acchiappate con l'occhio su un rigo, può succedere che le usi in un discorso. Un discorso vero, con i parenti a Natale o gli amici mentre mangiate una pizza. E capita più spesso di quanto pensiamo. A prescindere, agonizzante, illustre. Via, non sono poi così rare in una conversazione "normale".

Che strano fenomeno è questo? Il nostro vocabolario si amplia. No, non quello che usavamo a scuola per i temi, il nostro, il nostro, quello che il cervello tiene insieme tra le sinapsi. Quindi possediamo più parole di prima e le sappiamo usare in un contesto coerente.

Meraviglia!
Invece di dire "Sto male", possiamo azzardare: "Sono amareggiato, deluso, spaventato, nauseato, afflitto, malinconico, costernato, depresso". Invece di esplodere un "Quella ragazza, che fig..., ehm bella!", possiamo sorprenderla con "incantevole, splendida, gradevole, graziosa, attraente, affascinante, seducente, formosa, gnocc...". Suvvia!

Cioè possiamo esprimere in modo più chiaro quello che sentiamo.
Come se un pittore, dai tre colori primari passasse ai secondari, come alla seconda lezione di pianoforte, quando scopri che le note sono sì sette, ma sulla tastiera sono molte di più.

Più parole per esprimere quello che sentiamo vuol dire opportunità di farci conoscere meglio. 
Non c'è niente di più liberatorio. Non abbiamo più limiti. Quel sentimento che ti picchia in testa o in pancia.. puoi dargli un nome, tanti nomi!

Non credo che leggere sia il rimedio universale, la via per avere la felicità o la pace nel mondo.
Ma leggere ti graffia dentro, ti scombussola, ti ribalta, ti svuota e poi ti riempie per poi svuotarti di nuovo, ti fa ricco e ti fa povero, ti fa sentire stupido, per darti alla fine la conoscenza.

E poi non fa ingrassare.
Questo è fondamentale.
Quasi meglio della cioccolata.

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