Baudelaire era solito dire: "Ciò che ho sempre trovato di più bello a teatro è il lampadario".
Caruso, attore vivente, è del pensiero, invece, che "a teatro, spesso, le cose migliori sono gli intervalli".
Secondo Vittorio Gassman, "recitare non è molto diverso da una malattia mentale: un attore non fa altro che ripartire la propria persona con altre, è una specie di schizofrenia".
Lo dico qui: sono anch'io una specie di schizofrenica.
Dilettante, più che dilettante, non lo faccio da molto. E però, una volta cominciato, due anni fa, ho pensato di smettere mille volte, e non ci sono mai riuscita.
Chiedetemi perché, e mi verrebbe solo: a teatro possono diventare qualcun altro, e se un giorno mi vado stretta... non ho trovato ancora niente di così terapeutico.
"Sono entrato nel teatro perché, lo confesso, sono sempre stato grasso, ero l'ultimo a correre, e sul palcoscenico ho trovato che potevo essere tutto quello che da ragazzo non potevo creare nella vita: potevo essere giovane, bello, alto, magro. Il palcoscenico è quel luogo magico dove un semplice può fare un dittatore, un incolto può fare il poeta". (Glauco Mauri, attore, regista, doppiatore).
"Sono entrato nel teatro perché, lo confesso, sono sempre stato grasso, ero l'ultimo a correre, e sul palcoscenico ho trovato che potevo essere tutto quello che da ragazzo non potevo creare nella vita: potevo essere giovane, bello, alto, magro. Il palcoscenico è quel luogo magico dove un semplice può fare un dittatore, un incolto può fare il poeta". (Glauco Mauri, attore, regista, doppiatore).
Certo il teatro è come la danza: ti spoglia. "Mette a nudo le nostre anime e rivela i nostri segreti più imbarazzanti", ricordo questa battuta di un film a proposito del teatro. Se non riesci a parlare, a muoverti, a toccare un altro, a parlare in diversa maniera, viene fuori subito; e se non superi il blocco, non ti diverti, il gioco finisce.
Ed è lì che avviene la "cosa" del teatro, un meccanismo silenzioso per il quale, arrivata a prove, non ti riusciva proprio di piangere, io, piangere per finta? Che siamo matti? Non posso fare la palma a bordo scena? Poi, semplicemente per caso, scoppi in singhiozzi (finti) a profusione, con gli addominali che all'inizio fanno male per lo sforzo, ma una leggerezza catartica tale che pensi: voglio ancora.
Sono schizofrenica, e presto il palco chiamerà ancora.
Il prossimo weekend, con la compagnia di cui faccio parte, metteremo in scena uno spettacolo.
Se vi dico "storia di Sara", vi viene in mente qualcosa?
Rappresenteremo quella antichissima storia d'amore che ho provato a raccontarvi a puntate, e che hanno seguito più lettori di quanti avrei immaginato.
Grazie.
Potrei essere di parte, ma spesso le belle storie rimangono nascoste nelle pieghe dei libri, semplicemente non c'è nessuno a raccontarle.
A me è piaciuto condividerla.
C'è una frase dello scrittore triestino Paolo Rumiz: "Tra viaggiatori succede, ci raccontiamo cose anche intime, tanto non ci si rivedrà mai più".
Siamo come viaggiatori, io e voi, che ci muoviamo tra piccole avventure quotidiane; io vi racconto le mie.
Cose intime? Sì. "Troppi post sull'amore, Vale" mi è stato detto da un'amica. Ma che cos'abbiamo tutti in comune se non questo gioco eccitante e perverso, quando fa male?
E faccio la vigliacca, scrivendo e sperando di essere letta, ma forse anche no, immaginandovi tutti lettori sconosciuti. Come quando scrivi un diario e speri che nessuno lo trovi o che qualcuno lo trovi proprio per farti conoscere. Certi pensieri, a dirli, è un dolore.
Con due registi e un gruppo di appassionati amici racconteremo, col corpo e con le parole, la storia di Sara.
Venerdì è il tempo della prima.
Io sarò una delle sue ancelle, sì, quelle cattive, che la prendono a male parole, che la chiamano "assassina" (non vi dico imparare la parte).
Ecco l'informazione di servizio: temo di non potervi svelare il finale fino ad allora.
Sembra una mossa di marketing vergognoso, ma questo blog mi è servito per lanciare nell'etere una storia che altrimenti sarebbe rimasta sconosciuta.
Non l'ho fatto per me, l'ho fatto per Sara, Tobia, Azaria e Tobi. Lo sapete cosa succede ai personaggi, quando leggi le loro vicissitudini: li senti vicini quasi come parenti. Senti di aver trovato degli amici.
Quindi lascio in voi la giusta curiosità. Serve l'attesa, per chi è stato gentilissimo e ha accettato l'invito, per chi verrà ad applaudire nonostante gli inconvenienti che capiteranno, per chi fisicamente non potrà esserci, e allora ci si rivede qui, tra qualche giorno, per il gran finale.
Spero, come conclude il folletto e narratore Puck in Sogno di una notte di mezz'estate, di non avervi recato alcuna offesa.
Come si dice in questi casi?
Merda, merda, merda.
Speriamo ci porti fortuna.
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