martedì 13 novembre 2012

Ptb/Vale: Cecità




Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. (...) Finalmente si accese il verde, le macchine partirono bruscamente, ma si notò subito che non erano partite tutte quante. La prima della fila di mezzo è ferma. (...) I pedoni vedono il conducente dell'automobile immobilizzata sbracciarsi. Si vede che urla qualcosa, quando finalmente qualcuno apre uno sportello, Sono cieco.

Torno in macchina dalla biblioteca. Ho appena preso Cecità di Josè Saramago. Il libro è sul sedile di fianco al mio. Mi fermo, il semaforo è rosso.
Sì, il semaforo.
Per ingannare l'attesa, apro il libro e leggo l'incipit.
Questo incipit.
L'incipit qui sopra.
Chiudo e riapro le palpebre due o tre volte.
No, non sono cieca.
Ma impressionata sì.
Mi rendo conto che non sarà un libro come tutti gli altri... *

* Nota dell'autore: è successo davvero.

1. Perché hai scelto questo libro per il tuo Ptb? Te lo ha consigliato qualcuno o l'hai trovato tu?
2. Libro magro, in forma o grassoccio? ** In quanti giorni lo hai letto?
3. Dove ti sei trovato a leggerlo più spesso?
4. Racconta la storia in tre righe.
5. Il tuo personaggio preferito o quello che hai sentito più simile a te.
6. Il personaggio che avresti fatto uscir di scena volentieri.
7. Una citazione che hai dovuto assolutamente sottolineare.
8. Associa al libro un tuo stato d'animo.
9. Il libro si è rivelato come te lo immaginavi prima di leggerlo? Insomma: è scattato il colpo di fulmine?
10. In piena sincerità: lo consigli o lo butti? Se lo consigli, a un lettore o a una lettrice in particolare?


1.
Non  sapevo niente della trama, ma su tanti gruppi di lettura lo consigliavano. Ho deciso di andare "alla cieca".

2.
Libro in forma: 315 pagine.
Impaginato fitto (una scelta dell'autore).
Letto in 5 giorni.

3.
A letto, con cani annessi e una lampada sul comodino, perché un po' la paura del buio, di non vedere niente, mi è tornata.

4.
In una città senza nome scoppia un'epidemia: velocemente tutti gli abitanti, bambini e adulti, diventano ciechi, senza sintomi, all'improvviso. Non una cecità "nera", ma bianca, i malati dicono di essere come immersi in un mare di latte. Vengono rinchiusi in un ex manicomio, ma i casi aumentano. Si salva solo una donna, la moglie di un oculista, che decide di farsi rinchiudere lo stesso, per restare vicina al marito. E attraverso i suoi occhi leggiamo il dipanarsi di una tragedia umana...

5.
I personaggi di questo libro non hanno nome. Sono "il medico", "la moglie del medico", la "ragazza con gli occhiali scuri".... sembrano quasi dei "tipi", rappresentanti di ogni categoria umana (l'uomo, la donna, la giovane, il bambino...). Si direbbe che così non c'è possibilità di affezionarsi a nessuno di loro, e invece a me è successo. Ma più che al singolo mi sono legata all'idea di questi personaggi come gruppo, che quando viene rinchiuso nel manicomio (sono i primi a essere rinchiusi) riesce in qualche modo ad affrontare il degrado, l'abbandono delle autorità e del resto della città, la fame, le malattie... è l'umanità intesa come "essere uomini" e non animali, con un minimo di carità, anche se le condizioni di vita sono "bestiali" e ai limiti dell'impossibile. I legami che nascono tra di loro sono profondi e sinceri, non c'è l'aspetto fisico a condizionarli, né imbarazzo o convenzioni. Le persone, anche se non si vedono reciprocamente, si mostrano per quello che sono. "Come sai che ti piaccio, se non mi vedi?" "Perché mi sono innamorato della parte dentro di te che non si vede, che non ha nome". Un punto di vista, secondo me, toccante e veritiero.

6.
Se proprio devo eliminare qualcuno, direi i "ciechi della terza camerata", una compagine di arroganti e violenti che nell'ex manicomio decidono di prendere il potere, impossessarsi di tutto il cibo e venderlo agli altri ciechi al prezzo di pesantissimi ricatti.
(La sensazione che dà Saramago è che comunque questi "cattivi" siano, come dire, necessari al dolore e alla crescita degli altri, così è e così dev'essere per ristabilire l'equilibrio, per incitare i buoni a essere buoni. Non so da che mi nasce il pensiero...).

7.
Probabilmente solo in un mondo di ciechi le cose saranno ciò che veramente sono.

La paura acceca, disse la ragazza con gli occhiali scuri, Parole giuste, eravamo già ciechi nel momento in cui lo siamo diventati, la paura ci ha accecato, la paura ci manterrà ciechi.

8.
Curiosità (all'inizio, quando volevo saperne di più sulla "cecità bianca" e su come l'avrebbe gestita la città), sospetto (mi dicevo: "non è possibile che si arrivi a tanto, non lo faranno mai, capiranno gli errori che stanno commettendo, si aiuteranno a vicenda..."), nausea (le condizioni di vita  dei personaggi sono indescrivibili), vergogna (ma sono davvero esseri umani?), rabbia (ribellatevi!), speranza (in un finale di riscatto), consapevolezza (può essere considerato un sentimento?). Saramago mi ha guidata esattamente dove volevo essere portata.

9.
Come ho detto sopra, non sapevo cosa mi aspettava, né conoscevo la biografia di Saramago e la sua storia. Un'amica, commentando su questo blog, aveva detto che poche volte aveva provato un'inquietudine come quella provata leggendo Cecità. Era stata costretta a lasciarlo lì più volte, iniziandolo e iniziandolo ancora... e così per me è diventata una lettura ancora più appetitosa.
Ma Cecità è un libro diverso da tutti gli altri.
Non voglio dirvi troppo, perché mi piacerebbe che poteste leggerlo con meno informazioni possibili alle spalle. Il potere di Cecità sta anche in questo: coglie impreparati.
Solo qualche pensiero sparso:
1) la punteggiatura fuori dal comune: Saramago non mette i punti interrogativi alla fine delle domande, né indica l'inizio dei discorsi diretti (es. Com'è che è diventato cieco, Ero per la strada, E poi, Poi niente, ero per la strada e sono diventato cieco). La sensazione è di trovarsi invischiati in quel mare di latte che toglie la vista ai personaggi. Non esiste neanche la suddivisione in paragrafi: si legge tutto d'un fiato.
2) l'assenza di punti di riferimento: i personaggi non hanno nome, la città non ha nome. Può essere un mondo "altro" o qualunque parte di questo mondo.
3) il realismo: la storia è totalmente plausibile, tutto "potrebbe succedere" anche domani. Saramago è molto attento a non raccontarci una storia solo per darci una morale. Ho apprezzato molto la scelta di conservare un personaggio "vedente" che diventa fonte degli avvenimenti. Non sarebbe stato altrettanto veritiero un narratore esterno onnisciente.
4) gli istinti primordiali: con la vista, i personaggi perdono la razionalità. Fame, sete, sesso prevalgono sui pensieri più ordinati. Saramago descrive l'uomo nella sua anima più nuda.
5) l'assenza di un giudizio: Saramago non condanna direttamente gli uomini e le donne per gli errori che commettono, sono gli uomini e le donne del libro ad accorgersi della "cecità" in cui hanno sempre vissuto fino a quel momento. Avranno imparato dagli sbagli? Come si comporteranno in futuro?
6) la solidarietà: i personaggi si rendono conto che più dell'acqua, del cibo hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro. La sopravvivenza si basa sull'amicizia e sui rinnovati rapporti di collaborazione.
7) la negazione di ogni buonismo: nell'ex manicomio succedono fatti atroci, non c'è rispetto, né compassione, si è poco più che animali. Ma in tutte le pagine Saramago sembra lì accanto a noi che ci tocca sulla spalla e ci dice: bè, ma ti stupisci? Cosa credi che stia accadendo, adesso, proprio adesso, mentre scrivi, mangi o dormi, in qualche altra parte del mondo? Credi forse che quello che stai leggendo sia così terribile? Solo per farvi un esempio, non voglio spoilerare: quel gruppo di ciechi della terza camerata si impadronisce del cibo e affama il resto degli internati. Una minoranza che possiede la maggior parte delle risorse e impoverisce chi rimane fuori: vi fa venire in mente qualcosa? Paesi ricchi, Paesi poveri... non è forse il nostro presente, il presente di qualsiasi epoca? Non voglio fare la moralista, ma quando leggerete Cecità, fate un esercizio: provate a riportare ogni situazione alla "realtà" di oggi. Rimarrete scioccati da quante coincidenze troverete. L'intento di Saramago è questo: renderci un po' meno ciechi a quello che abbiamo attorno, perché, come si dice, non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere.

10.
Lo consiglio caldamente, a tutti. Un libro sicuramente impegnativo a livello emotivo, ma credo che Saramago abbia interpretato benissimo l'uomo e i suoi "peccati".

Due note sull'autore
Josè Saramago, 1922-2010, portoghese, premio Nobel nel 1998, ha scritto anche Il vangelo secondo Gesù Cristo, Caino, Storia dell'assedio di Lisbona.

Info libro
Ensaio sobre a Cegueira
1995
Einaudi (Tascabili)

Blindness, film, 1998. Voto: 9. Perfettamente aderente al libro. Altrettanto crudele e ipnotizzante.


2 commenti:

  1. Complimenti Vale, ho letto la tua recensione tutta d'un fiato! E ora ti posso dire che, esattamente come è capitato a te, per me l'inquietudine non viveva tanto nella crudeltà che Saramago sapeva mettere nelle parole scritte. L'inquietudine arrivava dopo, quando alzavo gli occhi dalla pagina e "guardavo" con i suoi il mondo. E capivo cos'era per lui la "cecità". Continua così, il tuo non blog è sempre più interessante! :-)

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  2. Esatto, stessa sensazione che ho provato io. Che tutto quello che ha scritto non sia poi così impossibile, anzi non lo è proprio!
    Grazie del commento, è sempre un piacere "leggerti" :)

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