domenica 23 novembre 2014

Tazze, trolley e club privati: il Salone del libro usato

Diario del Salone del libro usato di Milano.





Non immaginate uno spazio espositivo con grandi nomi. Del resto, il Salone del libro usato è anche il salone della "piccola editoria". Troverete, infatti, in ordine sparso:


gentili signori e signore un po' naive che cercano di vendervi il loro ultimo romanzo di nicchia, sottolineando che si tratta di una storia mai letta prima ma che però affronta tutti i disagi sociali del nostro tempo (nessuno ha mai scritto di questo argomento);
un signore occhialuto molto meno gentile che, se prendi in mano un volume sulle edizioni di Dracula, ti ammonisce, con poco garbo, di sfogliarlo a due mani appoggiandolo al tavolo (manco fosse un'edizione antica... puoi tenertelo. Tiè);
editori che, dissociandosi orgogliosamente dalle catene commerciali dei libri (Feltrinelli, Mondadori e simili), riusciranno a farvi comprare uno strano libro di fiabe con uno sconto di fiera imperdibile ("Da dove siete? Bassano del Grappa? Oh sì, Palazzo Roberti! Bè, a Palazzo Roberti l'avreste pagato il 40% in più! Senza offesa eh!");
tazze letterarie di fine procellana, con su scritte frasi che la mattina vi ispireranno epiche imprese;

visitatori con trolley/zaini/borse di Mary Poppins, con una lunga esperienza alle spalle di fiere dell'usato, che sanno di doversi attrezzare per portare il peso degli acquisti (prossima volta trolley anche noi);


espositori con offerte succose ("10 euro 3 libri", "3 libri, il terzo più economico è gratis", "tutto a un euro") presi d'assalto che solo per dare un'occhiata ai titoli da lontano devi fare la fila attorno al banchetto come in mensa;
lettori che si inchiodano alle bancherelle per quarti d'ora buoni e non li smuovi a gomitate, sicché puoi anche rinunciare a scorrere quel pezzo di banchetto;
suore che vendono libri religiosi e rosari;
estrosi librai che non hanno un negozio, ma "club privati" ("Non di quel tipo, eh"), dove si raccolgono lettori col "morbo", patologia che, in pochi anni, ti porta a comprare e a tenere in casa 3 mila libri;
altri che ti chiedono se hai il biglietto da visita del tuo gruppo di lettura! (Ne Vale la pena rocks)!;
una serie completa dei libri di George Martin a 400 euro;
una Bibbia antichissima, con pagine veline, a 550;
un libro, terza edizione italiana, di Leggende sulle Alpi che vuoi comprare a tutti i costi per il papà ma a cui devi rinunciare per i 70 euro che ti costringerebbe a sborsare;
dialoghi come "Sì, questo libro lo vendevo a 2 mila, quattro anni fa, ma adesso il mercato è cambiato, e lo vendo a 500";
polverose edizioni di libri consumati e consunti, con dorsi  segnati dal tempo, titoli illeggibili, sempre per il tempo, ma affascinanti e fascinosi nella loro antichità, che sfogli con riverenza;

una buona pastasciutta sempre in tazza, al bar della fiera, per la pausa;
la serie completa di Harry Potter in copertina rigida che lasci lì assieme al tuo cuore;
libri in omaggio di sconosciuti autori francesi;

cataloghi, cataloghi, cataloghi;

e un ragazzo che domanda, e neanche a bassa voce, se "avete Cinquanta sfumature di grigio". Un minuto di silenzio.

Dimenticavo gli acquisti.
Per me: Lezioni americane di Italo Calvino, La masseria delle allodole di Antonia Arslan, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban.


Un romanzo romantico per mamma, il Manuale dell'ingegnere per papà.


 

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