sabato 5 marzo 2016

Moby Dick, Verne e la catarsi del sale





Dopo aver finito due storie sul mare e i suoi abitanti, umani e non, posso dire questo: consiglio Moby Dick e Ventimila leghe sotto i mari? Sì. A una condizione: sapere che sono due libri molto diversi, romanzi entrambi, ma non del tutto. Se avete voglia di leggere un "diario di bordo", leggete Ventimila leghe. Se avete voglia di una grande tragedia, nel senso greco, in cui un uomo affronta gli abissi, leggete Moby Dick. Io me li immaginavo all'opposto: una immensa caccia alla balena (Moby Dick) e un capitano tanto saggio quanto spaventato che sceglie di vivere dentro il mare (Verne). Invece è il contrario. Il capitano Achab è già immerso in una profondità soltanto sua dall'inizio del libro e, anche se è circondato da una ciurma, è solo. Le avventure di Nemo sono raccontate da una voce distaccata (un viaggiatore che si trova rinchiuso nel sottomarino) ma la sua è la storia dell'ostrica: oltre al guscio, c'è la perla, la vera ragione per cui Nemo esplora gli oceani del globo.
Protagonista è sempre lui: il mare. Rifugio perché ti ci puoi nascondere, arena dove combattere per la sopravvivenza. Perché il mare non solo porta in sé dei rischi, oltre che la libertà, ma anche non lava via le colpe degli uomini che vi si immergono. Nemo e Achab cercano la redenzione, sperando nel potere purificatore del sale, ma alla fine si trovano, come Narciso, a specchiarsi nella loro stessa immagine e quello che vedono non è facile da affrontare.
Questa è la la letteratura che mi piace perché, come dicevano ancora i greci, ha un potere catartico: ne esci sofferente ma migliorato. Un "battesimo" sulla pagina scritta che, da sola, vale la fatica di leggere.

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